michelepunturieri

Nato a Reggio Calabria nel Dicembre del 1976.
Laurea in Economia e Commercio, Università di Messina, Dicembre 2003.
Appassionato di Arte in tutte le sue forme: Fotografia, Letteratura, Musica, Arti visive.
Inizio a scattare a circa 20 anni.
Studio da autodidatta approfondendo la teoria fotografica e, naturalmente, continuando a scattare.
Comincio come fotografo street per poi appassionarmi a portraiture e fotografia concettuale.
Miei lavori sono apparsi su webzines italiane e internazionali: Dodho, Private, Design Radar (Interview), Orca Magazine, Frattura Scomposta, True Eye, Twohundredby200, Blanket Magazine, Phirebrush.
Tra i miei riferimenti assoluti: Daido Moriyama, Michael Ackerman, Morten Andersen, Elliott Erwitt, Dennis Stock, Bruce Davidson, Mario Giacomelli, Saul Leiter, Ferdinando Scianna, Anton Corbijn, Nigel Parry.

Cosa cerco nella Fotografia? Il silenzio.
La potenza delle immagini che riesca a cancellare ogni bisogno di ricorrere a dialettica o artifici di parole.
La capacità di esprimere concetti che trattati filosofici non saprebbero chiarire in maniera così netta.
Il senso delle cose esplicitato agli occhi. E filtrato dalla mente.
Per comprendere l’Assurdo. Dipanare il Caos. E guardare da vicino, un po’ di più, la Verità.
Dietro l’immagine.
Dentro l’immagine.
Trovare il senso. Oltre le immagini.

Il mio rapporto con la fotografia?
Direi viscerale.
Se fosse una donna sarebbe un'amante.
Quella perfetta.
Non un capriccio. Non un demone che tortura.
Ma un fattore complementare per l'architettura della coscienza.
La mia coscienza individuale.
La trasformazione ermetica e silenziosa delle mie percezioni. Del modo che ho di vedere le cose e di assimilarle.
Una necessità che si alimenta costantemente.
Fotografare è per me un processo catartico, liberatorio.
L'appiglio per rimanere agganciato al meccanismo dell'esistenza, estraendone un senso.
Considero la fotografia alla stregua della scultura.
Con un'unica differenza: la totale liberazione dalle applicazioni materiche.
Tutte le immagini sono già dentro il tempo e lo spazio, composte secondo ogni potenziale punto di vista.
Come il David o la Pietà inglobate da sempre nel blocco di marmo.
I nostri occhi gli strumenti per cesellarle e renderle eterne. Congelandole quando appaiono.
Una buona fotografia è un microcosmo da penetrare.
Per scorgere storie che, altrimenti, sarebbe difficile raccontare a parole.
Uno scatto riuscito val la pena di attendere. Il Momento fatidico.
Il compiersi di un Momento.
Che resti indelebile.
A segnare l'Immaginario.

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